il blog di Maria Maura

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domenica 23 marzo 2014

LEI... IO E TE.

la locandina del film
Ultimamente ho visto "Lei", ovvero "Her" il film di Spike Jonze con Joaquin Phoenix vincitore del premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale, e devo dire...sono rimasta colpita!
Il film parla di un futuro simile al nostro presente o un presente un po' futuro in cui un uomo, estremamente sensibile e con alle spalle un matrimonio fallito, inizia una relazione con il sistema operativo del suo computer. Trovandoci in un presente-futuro il suddetto sistema operativo, dalla voce femminile è in grado di imparare dall'esperienza e di comprendere le emozioni degli umani. Praticamente una coscienza.
Non starò qui a commentare le vicende del film perchè non voglio togliere, a chi deve ancora vederlo, il gusto di immergersi nei dialoghi, nelle immagini, negli ambienti, negli occhi dei protagonisti e nelle loro vite. Posso però dire che la fotografia, la regia, l'estetica delle immagini e delle inquadrature è molto piacevole e ben curata, e la sceneggiatura molto ricca e interessante.
Quello che vorrei metter giù in questo articolo sono le mie riflessioni sul senso del film e della vicenda che viene narrata.
I livelli di lettura di questo film sono plurimi, ma il più evidente e significativo sono le relazioni umane, i sentimenti, la solitudine, i limiti del corpo, la reciprocità, la vulnerabilità e la precarietà di tutti i legami umani, la vicinanza e la lontananza, l'autenticità, la sincerità. Un altro livello è, ovviamente, quello della relazione con la tecnologia e con le intelligenze artificiali: come queste cose cambiano la nostra vita? La rete, il big data, i social network e i devices, quanto e come mediano il nostro rapporto con le persone della nostra vita? Infine il livello di senso, quello più esistenziale che riguarda la persona umana nella sua più profonda e complessa intimità e unicità.
Dicevo che innanzitutto il film parla delle relazioni umane, non necessariamente delle relazioni degli uomini con la tecnologia, ma proprio delle relazioni degli uomini e delle donne tra di loro. La tecnologia in questo film è un altro personaggio non è solo un medium. E' un personaggio importante, che sicuramente interagisce in un modo particolare con il protagonista, ma il fatto che il Sistema Operativo (Samantha) non abbia un corpo vivente non impedisce al protagonista di provare emozioni vere, di vedere che la sua vita si trasforma grazie alla relazione con il suo computer...Detto così può far paura: davvero i computer potranno sostituire le persone? Credo che non sia questo il punto. Il film secondo la mia opinione non vuole metterci in guardia dalle degenerazioni che la tecnologia porterà nelle relazioni tra gli umani, ma vuole farci riflettere sul nostro presente: che rapporto abbiamo con le persone? Che rapporto abbiamo con le cose? Quanto il rapporto che abbiamo con le cose influisce sul rapporto con le persone e soprattutto: cosa media la relazione tra noi e le altre persone?
il protagonista del film interpretato da Joaquin Phoenix
 Tra le persone ci sono parole, ci sono gesti, ci sono sentimenti. Tra il protagonista, Theodore e Samantha (il sistema operativo) ci sono infatti molte parole, molti sentimenti, e azioni che hanno una grande reciprocità. Le persone vivono esperienze comuni, anche i due protagonisti lo fanno. La loro è una relazione vera o no? Il regista non risponde esplicitamente a questa domanda, però mette in scena la loro relazioni con tutti i limiti e le implicazioni, i clichè e le particolarità che caratterizzano ogni relazione. La rende una relazione che sta accadendo, davanti ai nostri occhi e per quanto strana ci sembra possibile. Come in ogni relazione ci sono entusiasmi, slanci, pazzie, momenti di prudenza, momenti di incomprensione, momenti di stanchezza, momenti di dubbio... Quale relazione è uguale ad un altra? Nessuna, perchè tutti siamo diversi. Sembra banale, ma è solo vero. Le cose si complicano però quando l'asimmetria che c'è nella relazione tra i due diventa insormontabile. Quante relazioni umane finiscono a causa della crescente distanza tra le due persone, a causa dell'impossibilità di camminare fianco a fianco nella vita e crescere insieme, per l'impazienza che impedisce di aspettare l'altro, per l'egoismo che impedisce di limitarsi per restare accanto al partner e andare al suo passo?
una scena del film "Her"
Se Samantha fosse davvero una donna lontana e non un sistema operativo il film funzionerebbe piuttosto bene, ma sarebbe una normale storia d'amore a distanza. Il film dunque ci intriga perchè non è solo una storia d'amore a distanza, è una storia d'amore intima, estremamente intima: una storia d'amore che permette a Theodore di fare davvero i conti con se stesso, con la sua vita, con le relazioni interpersonali. Ma soprattutto ci intriga perchè Samantha non è una donna fisicamente esistente, e nonostante questo fa innamorare Theodore e lo ricambia e noi possiamo vedere tutta la parabola di questa relazione con occhi sgombri da giudizi, proprio perchè il regista ci permette di vederla in modo puro e ci guida in questa narrazione con passo delicato.
All'uscita dal cinema mi sono chiesta: cosa resta a me di questo film? Cosa dice della mia vita? Trovare la risposta a queste domande è davvero molto interessante. Spero che anche voi troviate belle suggestioni e utili prospettive...resta il fatto che i moti che determinano, fanno durare e fanno interrompere le relazioni umane sono davvero molto misteriosi. Tecnologia a parte.


martedì 11 febbraio 2014

PERCHE' UN DECALOGO?



Questo decalogo è nato da un’esigenza mia di mamma e insegnante. E’ una riflessione su quanto la tecnologia sta prendendo campo nelle nostre vite, rendendole sicuramente più interconnesse con tutto un mondo di informazioni e possibilità che prima erano più lontane, ma allo stesso tempo mettendo a rischio quella parte più “analogica” di noi, quella che ha bisogno di toccare con mano i materiali, di sentire gli odori e di gustare i sapori, di guardare gli altri in faccia direttamente, dal vivo.
Quanto le tecnologie aiutano i nostri figli e studenti nel loro processo di conoscenza ed esplorazione del mondo? Quanto invece sono un ostacolo allo sviluppo dI tutte le loro potenzialità? Con un tablet si possono realizzare prodotti estremamente creativi ed originali in poche mosse, ma quello che sfugge spesso è che ci vuole un’IDEA da cui partire; e le idee si trovano vivendo e facendo esperienza anche senza la mediazione  della tecnologia. L’idea è quindi quella di un’INTEGRAZIONE tra vecchie e nuove prassi. Montare video e comporre musica con l’iPad va bene, ma non dimentichiamo quante cose si possono imparare giocando in un bosco. E noi adulti in questo scenario abbiamo la responsabilità più grande: dare per primi l’esempio per un uso corretto delle device digitali, ma anche informare ed educare i giovani ad un buon uso di questi potenti strumenti.
Non lasceremmo mai nostro figlio di 10 anni alla guida di un’automobile! Come non lasceremmo mai che un bambino di 6 anni giri per la città da solo…Lasciare in mano uno smartphone o un tablet collegato ad internet senza protezioni né controllo a bambini piccoli è la stessa cosa. I nativi digitali si chiamano così perché fin da piccoli hanno familiarità con le nuove tecnologie, ma questo non significa che siano in grado di utilizzarle bene senza una guida! I bambini, come sostiene Camillo Bortolato, sono per loro natura analogici, ma io credo che se il mondo in cui si trovano a vivere diventa ogni giorno sempre più digitalizzato, dovranno sviluppare delle competenze digitali, una saggezza digitale, per citare Marc Prensky. E diventeranno un po’ più digitali, e se l’intercultura è ancora un valore, la loro modalità di guardare, comprendere e interpretare il mondo sarà ancora più complessa e multisfaccettata.
Questo decalogo è stat0 disegnato e animato con un tablet, uno strumento meraviglioso che offre mille possibilità educative e creative. Ma pur sempre un oggetto con le sue “controindicazioni”…riflettere sulle due facce della medaglia, può aiutarci a trovare la giusta misura per un buon uso, senza abuso delle tecnologie, soprattutto senza farsi usare.

BIBLIOGRAFIA:
M. Facci, S. Valorzi, M. Berti, Generazione Cloud. Essere genitori ai tempi di Smartphone e Tablet. Erickson, Trento, 2013
G. Zavalloni, La pedagogia della lumaca, EMI Bologna, 2012 (ristampa)
M. Prensky, la mente aumentata, Erickson, Trento 2013
C. Bortolato, ideatore del metodo Analogico, per saperne di più su libri e materiali da lui ideati e realizzati visitate il sito: http://www.camillobortolato.it/.


Maria Maura, 32 anni, vive e lavora a Milano. Insegna in una scuola primaria, è laureata in Filosofia e in Scienze della Formazione, ama utilizzare gli strumenti digitali e i video nel suo lavoro didattico ed educativo, senza mai rinunciare al rumore delle forbici e della carta, al profumo delle tempere e dei pastelli a cera. Collabora da anni come formatrice con Cem Mondialità (Centro di Educazione Interculturale) di Brescia, con EducareWeb, di Genova e con il Centro Studi Erickson di Trento. Ha due figli di 6 e 4 anni

discorso scritto in occasione del convegno "METODO MONTESSORI E NATIVI DIGITALI"Roma, 14 Febbraio 2014 convegno_info

giovedì 30 gennaio 2014

EDUCAZIONE DIGITALE

Ecco cosa pensa il ministro dell'Istruzione! Copio un articolo di oggi visibile sul sito di tech economy


No ad una nuova materia sull’agenda digitale” ma piuttosto una rivoluzione che riguardi e aggiorni tutta la. A dirlo è il ministro dell’Istruzione, , intervenendo oggi al convegno “Educare alla rete. L’alfabeto della nuova cittadinanza nella società digitale”, organizzato dal Garante per la Protezione dei Dati Personali, in occasione della Giornata europea 2014. “L’ – dice il ministro – è un tema trasversale che va affrontato a livello nazionale, sia per chi utilizza servizi tramite la rete, sia per chi li sviluppa“. Inserire una nuova materia, spiega, “costa qualche milione di euro“. Piuttosto la scuola deve aggiornarsi, “deve cambiare la sua struttura seguendo il nuovo modo in cui il sapere si trasmette. Probabilmente – prosegue – nella scuola 2.0 dovrà cambiare anche l’allestimento delle aule, non più con una didattica frontale“.
Gli insegnanti, inoltre, “devono sapere che parte del proprio tempo è andare sull’educazione digitale, non come elemento aggiuntivo ma come parte della propria professionalità”. Diverso potrebbe essere, per l’educazione etica al digitale, che secondo il ministro può riguardare “un’estensione dell’educazione civica, perché gli strumenti dell’accesso alla rete sono tali, così evoluti e pervasivi, che richiedono anche una formazione etica, non solo tecnica“. In generale, conclude il ministro, è però “la pubblica amministrazione nel suo complesso che deve cambiare la sua struttura, altrimenti si rimarrà attaccati a schemi settecenteschi, perdendo occasioni per essere competitivi. L’agenda digitale non deve essere vissuta come un’attività a a parte. Questo Paese ha bisogno di giuristi dell’innovazione, perché, se non si parte dal profondo, la partita è persa in partenza”.
...direi che mi trova d'accordo. Ora bisogna organizzarsi!